In Italia sono oggi circa duemila i transessuali, uomini e donne infelici di appartenere al sesso determinato geneticamente, persone del tutto “normali” sotto il profilo biologico e anatomico che vivono con la convinzione intima, persistente di appartenere al sesso opposto. Soffrono nel sentirsi prigionieri in un corpo sbagliato desiderando di vivere nel ruolo dell’altro sesso e di essere riconosciuti dalla società come appartenenti al genere, verso il quale si sentono psicologicamente orientati. Tale disagio è così forte che per molti l’intervento di riattribuzione chirurgica del sesso diventa indispensabile.
Risale al 1853 il primo caso di transessualismo descritto da Frankel, anche se è nel 1923 che con Hirschfeld per la prima volta si usa il termine transessuale, trasformato da Cauldwell (1949) in psychopathia transexualis (stato d’animo caratterizzato da angoscia relativa al rifiuto del proprio sesso anatomico).
In seguito il termine fu ripreso da Benjamin nel 1953 e ampliato successivamente nel suo trattato Il fenomeno transessuale del 1966, con il quale indicò una sindrome quasi sconosciuta, distinta da altri disturbi dell’orientamento sessuale e riconfermata come terminologia in uso in occasione del famoso intervento nel 1951 di cambiamento di sesso da Gorge a Chrestine Jorgensen che, pur non essendo il primo, contribuì più dei precedenti ad aprire un dibattito sull’argomento. Nel 1971 Laub e Fisk, introdussero il termine “disforia di genere” che si riferiva a tutti i soggetti con problemi legati all’identità sessuale.
Nel 1974 che Person e Ovesey introdussero la ormai ben nota distinzione tra transessualismo “primario” (esistente fin dalla prima fanciullezza) e “secondario” (in epoca post-puberale). Negli ultimi decenni al termine Transessualismo si è andato sostituendo il concetto di “Disturbo dell’identità di genere”(DIG) che riguarda un range di disordini più ampio rispetto a quello che, storicamente, veniva definito “transessualismo” (DSM-IV R).
I progressi fatti in questo settore rispetto alla conoscenza, alla diagnosi e al trattamento non trovano, però, tutti gli Autori concordi nella classificazione e nelle cause di questo disturbo.
In particolare per quanto riguarda la psicodiagnosi è utile ricordare l’inesistenza di strumenti studiati ad hoc al fine di poter individuare, anche precocemente, l’insorgenza di tale disturbo.
E’ importante differenziare i disturbi dell’identità di genere, dall’omosessualità e dal travestitismo. Nell’omosessualità, infatti, l’individuo, pur manifestando comportamenti caratteristici del sesso opposto, non ha il desiderio né la convinzione di appartenere al sesso opposto, nel travestitismo, invece, non vi è alcun serio tentativo di acquisire identità o comportamento del sesso opposto, ma solo il piacere di “apparire” dell’altro sesso.
Ancora diverso è il “feticismo da travestimento” in cui un individuo, solitamente maschio, prova eccitazione sessuale in un rapporto eterosessuale manipolando o indossando indumenti tipici dell’altro sesso, ma l’impiego di questi è limitato esclusivamente a tali situazioni sessuali L’inquadramento psicologico del transessuale è molto più complesso di quanto ci si aspetti e, soprattutto, non valutabile secondo la dicotomia salute - malattia psichica.
La piena consapevolezza del disagio avviene di solito in tarda adolescenza sorgendo proprio in coincidenza con la difficoltà di superare la crisi adolescenziale che richiede una strutturazione dell’identità, messa in discussione dal modificarsi repentino e spesso inaspettato dei propri equilibri interni e somatici. Con la comparsa dei caratteri sessuali secondari che il soggetto nasconde, si trova di fronte alla drammatica certezza della differenza tra la identità somatica e quella invece desiderata e sentita. La tendenza in queste persone ad usare abbigliamenti e svolgere attività consone all’identità psichica viene sovente ostacolata dal contesto sociale (scolastico/ familiare) provocando spesso alterazioni dello sviluppo della personalità generando vissuti di autosvalutazione, ansia e depressione, manifestazioni di un disagio purtroppo frequenti in questi soggetti. Al di là di ogni classificazione il DIG comunque non si presenta in modo unitario, ma riguarda persone ognuna con la propria storia di vita, un proprio profilo psicodinamico ed un proprio percorso diverso difficili da sintetizzare. Spesso storie di sofferenza, emarginazione ed estenuanti attese burocratiche.
In questo ultimo decennio questa tematica ha sempre assunto maggiore rilevanza sociale al punto tale che nel 1982 il Legislatore italiano ha emanato la legge n° 164/82 in merito alle “ Norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso”, mediante la quale è possibile con domanda al Presidente del Tribunale di residenza , chiedere la rettifica del sesso anagrafico a seguito di “intervenute modifiche dei caratteri sessuali”. Il g.i. può nominare un C.T.U. per accertare le condizioni psicosessuali dell’Istante e autorizzare l’intervento chirurgico; previa verifica dell’avvenuta modificazione sessuale il Tribunale emetterà sentenza di rettifica del sesso con conseguente annotazione nei registri dello stato civile e scioglimento automatico del matrimonio o degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio religioso.
La promulgazione della 164 ha portato ad una maggiore presa di coscienza di tale stato con un conseguente aumento di servizi pubblici che si occupano di riattribuzione chirurgica del sesso.
Attualmente la divulgazione di informazioni su tale argomento ha dato, la possibilità alle persone che richiedono questo intervento di potersi rivolgere direttamente ad un centro specifico senza ricorrere, come in passato, a lunghe ed estenuanti ricerche spesso terminate all’estero. Questo ha ovviamente creato la necessità da parte delle figure professionali coinvolte, (andrologo, endocrinologo, psico-sessuologo, psichiatra, avvocato, giudice) di porre maggior attenzione a tale tematica, è evidente intravedere dietro questo tema, infatti, un complesso disegno che si muove dialetticamente tra interazioni sociali, psico-corporee e biologiche che necessita per la sua trattazione di un approccio multifocale con un continuo confronto e collaborazione tra le varie figure professionali coinvolte.
Bibliografia: American Psychiatric Association, (1987), Diagnostic and statistical Manual of Mental Disorders (Third Edition Revised), Washington, DC. American Psychiatric Association, (1994), Diagnostic and statistical Manual of Mental Disorders (Fourth Edition), Washington, DC. Benjamin, H., (1953), “Transsexualism and transvestitism as psychosomatic somato-psychicsyindromes”, American Journal of Psychotherapy, 8, 219-230. Benjamin, H., (1966), The Transsexual phenomenon, New York, Julian Press, tr.it: Il fenomeno transessuale, Astrolabio, Roma, 1968 Dèttore, D., (2001), Psicologia e psicopatologia del comportamento sessuale, The McGraw-Hill Companies, Milano. Laub, D & Fisk, N., (1971), “An investigation of sexual behaviour among Norwegian college students”, Journal of Marriage and the family, 33, 212-227. Person, E., S., Ovesey, L., (1974), “The transsexual syndrome in males: I primary Transsexualism”, American Journal of Psychotherapy, 28, 4-29.
tratto da: http://www.clicmedicina.it/pagine%20n%2012/transessualismo.htm
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